Piero Calamandrei, uno dei padri costituenti, nell’illustrare uno degli articoli della Costituzione dedicato alla scuola e all’istruzione, sosteneva che per mantenere la democrazia “la scuola, a lungo andare, è più importante del Parlamento, della Magistratura e della Corte Costituzionale”.
Lo ha capito bene tutto il mondo della scuola che ha saputo in questi mesi costruire un nuovo modello di scuola in risposta allo stato di necessità che si è presentato a causa della pandemia.
Prima del 9 marzo c.a , la scuola era per noi tutti, un luogo fisico di incontro di persone, ove ciascuno era impegnato a convivere con gli altri e a confrontarsi con idee diverse.
La scuola, da sempre, ha rappresentato il luogo in cui la politica riassume il suo valore originario di mediazione dei conflitti, il luogo in cui l’inclusione si realizza in modo naturale. L’aula intesa come spazio fisico riempito di cattedra e banchi rappresenta il luogo in cui, l’uno accanto all’altro, gli studenti sperimentano la socialità e la convivenza civile. In questo spazio fisico delimitato dalle mura dell’aula rese
straordinariamente magiche dai cartelloni degli alunni, la democrazia si realizza perché è in questo luogo che il diritto allo studio è garantito ad ogni cittadino, senza distinzione alcuna e la scuola diventa veramente “aperta a tutti” non lasciando indietro nessuno nemmeno l’alunno senza PC o device.
Con il dilagare della pandemia, abbiamo visto il nostro mondo sovvertirsi e la nostra vita quotidiana sconvolta dalla paura del contagio.
La prima circolare del Ministero dell’Istruzione del 24 febbraio u.s. in cui si invitava le scuole a sospendere i viaggi di istruzione e di diffondere presso gli alunni informazioni e comunicazioni sulle buone prassi, è stato l’inizio di uno sconvolgimento di quella che era la mission della scuola. Se da una parte quello che rappresentava la scuola ha perso la sua tipizzazione è pur vero che per tutti, docenti e studenti, nessun escluso, è cominciata una storica “lezione di vita” che ha stravolto le abitudini costringendoci ad adattarci per fronteggiare il nemico sconosciuto ed invisibile che ha distrutto la dimensione sociale dello stare insieme spezzando ogni relazione umana, ogni contatto fisico che poteva rilevarsi come potenziale vettore del virus. Si è interrotto quel “miracolo” dell’insegnamento che solo l’incontro fisico, empatico tra il discente, promotore della costruzione collettiva della conoscenza, e l’allievo può realizzare.
Seppur vero che al tempo della pandemia le lezioni sono state interrotte per garantire il prioritario costituzionale diritto alla salute dei cittadini, la sospensione della attività didattiche, è stata superata da un esercito di docenti che non hanno mai interrotto i contatti con gli studenti e le loro famiglie.
Attraverso l’utilizzo di ogni strumento tecnologico disponibile, i docenti italiani hanno cercato di stare accanto ai loro allievi, smarriti ed increduli rispetto a ciò che stava accadendo.
Con grande senso di responsabilità, ciascuno ha cercato di fare la sua parte attuando e richiamando il principio costituzionale sulla libertà di insegnamento garantita dall’art. 33 della Cost.
Avv. Nunzia Coppola