Di Giovanna Russo

Il bullismo consiste in un’attività svolta da chi, benchè giovane o giovanissimo, con estrema e disumana cattiveria si diverte a bersagliare solo vittime percepite come incapaci di difendersi adeguatamente, camuffando la propria essenziale vigliaccheria, in apparente forza e prepotenza.

In tal senso, esistono diverse forme di bullismo:

Bullismo fisico: aggressioni fisiche e lesioni;

Bullismo verbale: minacce;

Bullismo subdolo: pettegolezzi, calunnie miranti ad escludere dal gruppo i destinatari;

Sia gli atti di bullismo in presenza sia gli atti di bullismo perpetrato in rete (cd. cyberbullismo) comportano una inevitabile esposizione dell’autore a forme di responsabilità civile e penale.

Nell’ambito della responsabilità civile, si possono rintracciare le diverse forme di responsabilità, in particolare:

  1. Culpa del bullo minore;
  2. Culpa in vigilando dei genitori;
  3. Culpa in vigilando (ma anche in educando ed in organizzando della Scuola).

La culpa del bullo minore trova applicazione nell’art. 2046 del c.c. che sancisce in tema di “Imputabilità del fatto dannoso” che: “Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso chi non aveva la capacità d’intendere o di volere al
momento in cui lo ha commesso, a meno che lo stato d’incapacità derivi da sua colpa”.

In ambito civile, pertanto, un soggetto perché possa essere ritenuto responsabile degli atti di bullismo deve avere la sola capacità di intendere e volere e non la capacità d’agire che si raggiunge con la maggiore età (e che rileva nei rapporti obbligatori).

La Culpa in vigilando dei genitori trova riscontro nell’articolo 2048    I co. del codice civile, che recita: “Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela che abitano con essi.”

I genitori potranno evitare di essere accusati di tale forma di responsabilità provando di aver fatto tutto il possibile per impedire il fatto.

Si tratta, pertanto, di una responsabilità personale, anche se oggettiva.

La culpa in vigilando della scuola trova riscontro all’art. 28 della Costituzione Italiana che recita: “I funzionari ed i dipendenti dello Stato e degli Enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazioni di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stato ed agli altri enti pubblici.”

Dal punto di vista civilistico trova, altresì, applicazione quanto previsto all’art. 2048 II co. del codice civile, che stabilisce: “i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”.

Si tratta di una responsabilità aggravata in quanto la presunzione di colpa può essere superata solamente laddove si dimostri di aver adeguatamente vigilato ovvero si dia la prova del caso fortuito.

Per culpa in organizzando della scuola, è necessario distinguere la responsabilità della Scuola privata dalla Scuola pubblica. Alla Scuola privata si applica l’art.2049 del c.c. che sancisce la responsabilità indiretta dell’istituto scolastico con cui l’insegnante ha un rapporto di lavoro al momento del compimento dell’illecito del minore; viceversa, la Scuola Pubblica ha una responsabilità diretta nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione che può agire in rivalsa sull’insegnante per culpa in vigilando in caso di dolo o colpa grave (art. 61 della legge n. 312/1980).

Chiarite le diverse forme di responsabilità civile è giusto rilevare le forme di danno per cui la vittima di bullismo potrà chiedere il risarcimento. In particolare si possono riassumere in:

danno morale: (patire sofferenze fisiche o morali, turbamento dello stato d’animo della vittima, lacrime, dolori, patemi d’animo);

danno biologico (danno riguardante la salute e l’integrità fisica e psichica della persona tutelati dalla Costituzione Italiana all’art. 32);

danno esistenziale: (danno alla persona, alla sua esistenza, alla qualità della vita, alla vita di relazione, alla riservatezza, alla reputazione, all’immagine, all’autodeterminazione sessuale; la tutela del pieno sviluppo della persona nelle formazioni sociali è riconosciuta dall’art. 2 della Costituzione Italiana).

Come dicevamo gli atti di bullismo possono degenerare anche in violazioni della legge penale.

In particolare, non esistendo il reato di bullismo, potremo rintracciare in base alla diversa condotta realizzata singole ipotesi di reato contestabili. I reati più frequenti sono:

Percosse (art. 581 del codice penale, abbreviato c.p.),

Lesioni (art. 582 del c.p.),

Danneggiamento
alle cose (art. 635 del c.p.),

Ingiuria (art. 594 del c.p.) o Diffamazione (art. 595 del c.p.),

Molestia o Disturbo alle persone (art. 660 del c.p.),

Minaccia (art. 612 c.p.),

Atti persecutori – Stalking (art. 612 bis del c.p.)

Sostituzione di persona (art. 494 del c.p.), quando una persona si spaccia per un’altra.

 

Ad ogni buon conto, mentre nel caso della responsabilità civile, sarà il genitore a rispondere in nome e per conto dell’autore della condotta illecita, nell’ambito penale, ci troviamo dinanzi ad una forma di responsabilità strettamente personale ed in particolare dovendo rispondere personalmente l’autore della condotta illecita, risponderà solo il minore che ha raggiunto l’età per essere ritenuti imputabili, ossia 14 anni.

 

Orbene, per i bambini minori di 14 anni che compiono atti di bullismo o comunque comportamenti previsti dalla legge come reato, non è prevista la responsabilità penale, perché, appunto, non sono soggetti imputabili.

Se viene però riconosciuto come “socialmente pericoloso” possono essere applicate delle misure di sicurezza come la libertà vigilata oppure il ricovero in riformatorio.

Mentre il minore tra i 14 e i 18 anni di età è ritenuto soggetto imputabile se viene dimostrata la sua capacità di intendere e volere.

Per attivare i rimedi previsti dalla legge penale (ad es. per lesioni gravi, minaccia grave, molestie) è sufficiente sporgere denuncia ad un organo di polizia o all’autorità giudiziaria (questura, carabinieri ecc.).

In altri casi la denuncia deve contenere anche la richiesta di procedere penalmente contro l’autore del reato (querela).

Nell’ambito penale oltre ad un’eventuale responsabilità del bullo possiamo rintracciare anche una responsabilità penale degli insegnanti

L’insegnante (di una Scuola statale o paritaria), nello svolgimento della sua attività professionale, è equiparato al pubblico ufficiale, previsto dall’art. 357 del codice penale.

L’insegnante può essere punito con un multa da 30 a 516 euro, “quando omette o ritarda di denunciare all’Autorità Giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni “ (art. 361 del c.p.).

Tale responsabilità trova fondamento anche nell’articolo 29 della Costituzione italiana (vedi anche il paragrafo “Culpa in vigilando della Scuola”.

Tutto quanto previsto, in precedenza, in materia di bullismo, vale anche nel caso di cyberbullismo.

In più possiamo aggiungere che sono stati introdotti vari strumenti di tutela utilizzabili dalla stessa vittima di cyberbullismo. Ciascun minore ultraquattordicenne (o i suoi genitori o chi esercita la responsabilità del minore) che sia stato vittima di cyberbullismo può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti diffusi nella rete. Se entro 24 h il gestore non avrà provveduto, l’interessato può rivolgere analoga richiesta al Garante per la protezione dei dati personali, che rimuoverà i contenuti entro 48 ore.

Inoltre, è stata estesa al cyberbullismo la procedura di ammonimento prevista in materia di stalking (art. 612-bis c.p.). In caso di condotte di ingiuria (art. 594 c.p.), diffamazione (art. 595 c.p.), minaccia (art. 612 c.p.) e trattamento illecito di dati personali (art. 167 del codice della privacy) commessi mediante internet da minori ultraquattordicenni nei confronti di altro minorenne, se non c’è stata querela o non è stata presentata denuncia, è applicabile la procedura di ammonimento da parte del questore (il questore convoca il minore, insieme ad almeno un genitore o a chi esercita la responsabilità genitoriale). Gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età. Sarebbe stato auspicabile evitare l’applicazione ai minori della procedura di ammonimento e promuovere invece la responsabilizzazione degli autori di atti di bullismo e cyberbullismo attraverso il ricorso a procedure che ne prevedano l’ascolto e la partecipazione.