a cura di Gaetano Donnarumma – architetto | manager | coach
…mi sale l’ansia…ho tante cose da fare…
…devo mettere a posto la mia scrivania…
…evadere tutte le pratiche che mi ha affidato il mio capo…
…ok, ok, ma poi devo rispondere alle mail…
…poi ci sono le chiamate che ricevo dai clienti i quali hanno le loro necessità…
…devo chiamare quel mio collega che ieri mi chiese la cortesia di supportarlo su una pratica che precedentemente ho gestito personalmente…
…ho anche un incontro con un mio collaboratore che ha bisogno di parlarmi perché non sa come andare avanti su un progetto di cui sono responsabile…
Non hai mai avuto questa attività così intensa? O qualcosa di simile? Come sono andate le cose? Come vi sentivate? Cosa provavate dentro di voi? Siete riusciti a raggiungere i singoli obiettivi? Come vi sentivate alla fine? Bene o male? Come è andata a finire?
…e poi ancora…capitano tutte a me! Sempre mille ostacoli…nulla mi va nel senso giusto!
…Ho perso la motivazione nel fare tutte le cose! Vorrei fare, vorrei cambiare, ci provo per un po’ e poi ritorno a fare sempre le stesse cose…
…mi ricordo di tutte le volte che in riunione c’era il collega di turno, puntualmente, sottovalutava qualsiasi tipo di proposta che io facessi…mi saliva una rabbia che terminava con terribili reazioni, mi chiudevo in me stesso e mi estraniavo da tutto e tutti, vivendo con frustrazione totale il mio lavoro ed il rapporto con i colleghi…
Non sono storie di vita personale e professionale di tutti i giorni?
Nulla possiamo fare nei confronti degli eventi che provengono dal mondo esterno?
In effetti sembrerebbe cosi!
Ma poi pensandoci bene, potremmo imparare ad allenarci ad accogliere meglio questi eventi! Come un portiere di calcio che cerca di trovare il miglior piazzamento durante l’azione della squadra avversaria che prima o poi tirerà in porta! E cosa succede? Il più delle volte para il pallone, ma qualche tiro, veramente imprevedibile, entra in porta!
Fantastico! Allora devo andare in palestra preparandomi a subire meno gol possibili!
Ma chiariamoci bene;
Nel coaching, nessuno ha la verità assoluta! Però una cosa è certa! È una pratica molto antica.
Definizione di coaching ce ne sono ancora tante…ma io voglio ricordare quella che per ora lo regola univocamente:
“ Il servizio di coaching è finalizzato al potenziamento delle competenze utili atte a migliorare il benessere e i risultati che la persona che ne usufruisce intende perseguire nella vita professionale e personale. Nel processo di coaching la persona (il coachee), ha l’opportunità di far leva sulle proprie caratteristiche e risorse personali. Rendersi progressivamente consapevole dei propri comportamenti efficaci e non efficaci. Permette alla persona (coachee), di definire ed implementare strategie più utili per raggiungere gli obiettivi che intende perseguire. Nella pratica professionale, il coaching, è un programma di potenziamento e sviluppo delle risorse e delle competenze guidato dal professionista (il coach), in partnership con la persona (coachee), che si avvale di modelli, metodi e tecniche di coaching e si sviluppa in un processo strutturato in fasi, tempi e piano di azioni. Nel patto di coaching, si definiscono le basi dell’alleanza di lavoro, fondata sulla fiducia della relazione tra coach e coachee, sull’impegno e sulla responsabilizzazione del processo per il raggiungimento degli obiettivi di coaching concordati. In sintesi, il coaching è un processo di partnership, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi stabiliti con il coachee ed il committente. L’agire professionale del coach, facilita il coachee nel migliorare le prestazioni personali e professionali attraverso la valorizzazione ed il potenziamento delle sue risorse, capacità personali e competenze. Queste influenzano la qualità dei risultati e più intensamente il benessere del coachee”.
È bello ricordare i termini caratterizzanti il coaching: miglioramento, competenze, potenziamento, sviluppo, partnership, valorizzazione. Ma la caratteristica che differenzia il coaching da qualsiasi altra pratica esistente è LA PERFORMANCE.
Il termine coach viene da molto lontano! Coach significa “carrozza”, è un veicolo che ci conduce da un posto ad un altro, un mezzo che ci aiuta e ci supporta da uno stato attuale a quello desiderato.
L’idea del coaching, però, è molto antica, possiamo arrivare persino alle pratiche maieutiche ed ai dialoghi socratici. Il termine poi ne ha favorito la diffusione ai nostri tempi.
Il concetto di coaching lo si può definire anche come un allenamento, pratica antichissima che avveniva nelle palestre (gymnasium).
I primi pensatori erano anche atleti ed allenavano mente, corpo e linguaggio ed ecco che Socrate, era un allenatore cosi come Platone, Aristotele, Gorgia e tanti altri. Essi erano capaci di trasmettere il loro sapere percepito come un allenamento alla vita. Ed è per questo che non ci si allena soltanto fisicamente ma anche mentalmente, emotivamente, relazionalmente ed anche linguisticamente. Aristotele parlava di, “mettere in atto la propria potenza”; ma questo è coaching! È allenamento al potenziale, alla vita.
Esiste una mentalità diffusa che vede il coach, come colui che sa cosa fare; colui che ti dice quando farlo e come farlo. Ma non c’è niente di più falso! Il coaching, invece come metodologia, non dice, ma domanda.
Il coaching non svela, ma fa scoprire.
Di questi aspetti ne era già consapevole Socrate che con la sua arte maieutica, faceva in modo che fossero i propri studenti a partorire in autonomia le proprie riflessioni. Già sapeva, oltre 2000 anni fa, che è meglio far dire anziché dire! Pertanto, questo “allenamento mentale”, è qualcosa di molto più antico rispetto al termine moderno di coaching.
La mia idea è quella di innovare, creare attraverso la conoscenza di ciò che già è esistito e che già ha funzionato, accorciando le distanze tra il termine moderno di coaching ed il suo concetto antichissimo.
Il coach che riesce ad allenarti in modo che TU possa sviluppare le TUE performance in autonomia e come diceva Aristotele, “mettere in atto la propria potenza”.
Nihil sub sole novum!